1 apr 2010

"Ok, torniamo indietro!"

Con Paolo se ne parlava dall'inizio dell'inverno: "andiamo fino al colle del Nivolet, tu con le ciaspe ed io con gli sci". Rimandando più volte domenica sarebbe stata la giornata in cui entrambi eravamo liberi e con altri amici siamo partiti alla volta di Ceresole Reale. Purtroppo le previsioni scrivevano di vento forte in montagna ed infatti già da Torino si poteva osservare la tipica "cuffia" di nuvole e neve alzata che aleggiava sopra le creste di confine. Nel tragitto in macchina abbiamo pensato ad un itinerario alternativo, più in basso, magari la Cialma che però è già stata fatta tantissime volte da Paolo. Si decide di provare ugualmente, anche perché c'era la speranza che il vento calasse. Il percorso è quello della strada che d'estate è asfaltata ed era quindi semplice e piacevole avanzare. Superate le case di Chiappilli di sopra il vento si è fatto però sempre più forte e siamo costretti ad avanzare con il cappuccio della giacca chiuso fermandoci quando le raffiche più forti facevano perdere l'equilibrio sbattendoci in faccia la neve. Alzati di quota la visuale migliorava gradualmente sia sul dolce fondovalle che sulle maestose montagne che caratterizzano il versante piemontese del Parco del Gran Paradiso e la sensazione di magia dell'alta montagna innevata cresceva dentro di me. A poco a poco sono scomparse le tracce degli escursionisti e sci alpinisti partiti prima di noi che hanno deciso di rientrare viste le condizioni. Ad una sosta, mentre io mi rendevo conto di avere metà barba ghiacciata, ci siamo interrogati sul da farsi: rendendoci conto che il colle non sarebbe stato raggiungibile, abbiamo puntato ad arrivare almeno al lago del Serrù, a cui non manca molto. Abbiamo continuato quindi, studiando bene il percorso per evitare zone potenzialmente pericolose per le valanghe (una piccola recente era visibile vicino alla strada). Alla fine uscendo in punto più aperto il vento e la neve iniziavano a farci perdere l'equilibrio e ci obbligavano a fermarci continuamente: "Ok, torniamo indietro!", non c'è bisogno di dire altro.





Noi ciaspolatori, dopo una breve pausa, abbiamo iniziato la discesa mentre i compagni con gli sci, una volta tolte le pelli, ci hanno sorpassato dopo poco. Rilassato ormai per il fatto di non avere più una meta da raggiungere, dando le spalle al vento, ho avuto la possibilità di osservare meglio il lavoro del vento sulla copertura nevosa.
Il vento "erode" la neve nei punti più esposti è l'accumula in altri, creando forme affascinanti, riempiendo gli impluvi, ma anche cancellando le nostre tracce dell'andata! 
 La neve era comunque pesante ed anche chi sciava ha rimpianto la farina di un mese fa, mentre sotto i 1800 m di quota diventa bagnatissima. Arrivati alle auto ho provato un misto di delusione per la meta mancata e di felicità per essere comunque stato in posti magnifici: credo che abbiamo fatto bene a tentare finchè era sostenibile, ma è stata altrettanto giusta la decisione di tornare indietro quando iniziavamo ad essere insicuri. Ci siamo consolati quindi con una buona mangiata al rifugio Muzio del CAI .

P.S. Questa è già una gita potenzialmente pericolosa per cui è necessario essere dotati di ARVA, pala e sonda, consultare l'ultimo bollettino valanghe e avere la giusta preparazione ed esperienza.

2 commenti:

  1. Fai venire voglia di andarci... magari l'anno prossimo!

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  2. Non c'è mai da vergognarsi a tornare indietro. bella l'idea delle gita nelle valli canavesane. Saluti da gp/ventefioca

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